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La salute mentale dei minorenni prima, durante e dopo la pandemia

Intervista a Simona Chiodo che dirige l’unità complessa di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza dell’Ausl di Bologna

🔊 Puntata 766


La salute mentale dei minorenni prima, durante e dopo la pandemia

Dopo mesi e mesi di pandemia, distanziamento, della solitudine e spaesamento che ne sono derivati, si cominciano a contare gli effetti prodotti sulla salute mentale di ragazzi e ragazze, in particolare sulla fascia di età tra gli 0 e i 18 anni, che è considerata dagli esperti una fascia per sua natura a rischio. Ne parliamo con Simona Chiodo, che dirige l’unità complessa di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza per l’Ausl di Bologna.

Secondo i dati della regione Emilia Romagna, già negli anni tra il 2011 e il 2019 gli accessi dei giovanissimi ai luoghi di cura erano aumentati del 52%. Erano in aumento anche le situazioni complesse e urgenti, come il caso dei  minori stranieri non accompagnati con il trauma della migrazione; e anche i casi di ritiro sociale (i cosiddetti hikikomori) e di dipendenza da internet. L’aspetto positivo è che se non altro oggi alcuni problemi vengono identificati più precocemente rispetto al passato, grazie anche alle attività di screening svolte nelle scuole. Secondo la dottoressa Chiodo, “nella prima pandemia non abbiamo visto grossi incrementi nelle richieste, anche se c’è stato un peggioramento clinico nei pazienti con disabilità gravi, che hanno visto venir meno la loro routine. Dopo l’estate 2020 invece, con la ripresa delle attività, si è verificato un certo aumento di casi. Sono aumentate anche le richieste di consulenza nel pronto soccorso pediatrico. I servizi devono quindi essere rafforzati, sia come personale che spazi, se si vuole riuscire a intercettare e gestire le difficoltà dei giovani. In particolare, i ragazzi tra i 10-13 anni denunciano gesti di autolesionismo, e spesso sintomi somatici, come dolori addominali e mal di testa. Da novembre 2020 a marzo 2021, poi, abbiamo verificato un fenomeno nuovo che stiamo studiando: una forte richiesta in ambito psicopatologico di bimbi di ogni età che hanno avuto una perdita di capacità acquisite, come il controllo degli sfinteri.”

In questo quadro preoccupante, che ruolo ha la famiglia? “Un ruolo centrale, perché è uno tra i principali fattori protettivi in condizioni di stress. Nella cura dobbiamo utilizzare un approccio multidimensionale, cioè lavorare insieme alla famiglia e alla scuola, gli ambienti di vita che il bambino frequenta. Adesso poi la famiglia è molto cambiata, i genitori sono più informati e più competenti e loro stessi chiedono di essere coinvolti maggiormente.” Non ci può essere però anche il rischio di interpretare in modo troppo patologico i comportamenti dei bambini, magari quelli più “monelli” o quelli più solitari? Il limite tra normalità e patologia, dice la dottoressa Chiodo, è legato alle caratteristiche culturali e sociali del luogo in cui si cresce e si vive. Quel che si può fare, e che lei fa con la sua unità di neuropsichiatria, è lavorare attivamente con le scuole, facendo formazione ai professori e preparandoli a riconoscere quando allarmarsi o quando invece considerare “normale” un certo comportamento. La cosa fondamentale è che il dialogo tra genitori, personale scolastico e operatori della salute mentale sia sempre presente, proprio per condividere i ragionamenti e rassicurare là dove serve.

In apertura di trasmissione parliamo della sesta edizione del Festival di Arte Irregolare che si svolge dal 30 settembre al 2 ottobre a Torino. Un’iniziativa itinerante, nata otto anni fa proprio a Bologna, che quest’anno tornerà in presenza. Il tema di questa sesta edizione sarà “SONO ALTRO SONO ALTROVE”: uno spazio in cui artisti e curatori potranno incontrarsi e in cui il pubblico potrà ricominciare a godere dell’arte vagando alcuni dei più bei palazzi e delle più belle gallerie di Torino.

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