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La generazione “struca el boton” (schiaccia il bottone)

“Sempre più soli, arrabbiati, dipendenti e anaffettivi”. Cosa succede al cervello degli adolescenti che passano ore e ore connessi online? Intervista a Maria Luisa Iavarone, docente di pedagogia generale e sociale all’Università di Napoli Parthenope, dove insegna “Didattica generale e tecnologie dell’apprendimento”.

🔊 Puntata 901


La generazione “struca el boton” (schiaccia il bottone)

Siamo tutti consapevoli del fatto che i computer, e ancora di più i cellulari “smart”, continuamente connessi a internet, hanno occupato le nostre vite con una presenza pervasiva. Oggi però la preoccupazione comincia a spostarsi soprattutto sull’impatto che questo nuovo mondo ha sui giovanissimi, e sugli effetti neurologici per cervelli ancora in fase di sviluppo.

Proprio di questo ci parla la professoressa Maria Luisa Iavarone: di una ricerca, Adolescents Brain Cognitive Development, “ABCD”, (Lo sviluppo cognitivo del cervello degli adolescenti), promossa dal National Institute of Health di Baltimora.
Si tratta di uno studio decennale in corso (i primi 5 anni sono già passati) che coinvolge quasi dodicimila ragazzini per indagare gli effetti provocati nelle aree cerebrali dei giovanissimi esposti per ore ed ore a schermi e connessioni.

Le risonanze magnetiche alle quali i ragazzi vengono periodicamente sottoposti (due ogni anno) danno risultati impressionanti: evidenziano infatti un mutamento di alcuni lobi cerebrali, in particolare un’iperstimolazione della corteccia frontale, segno di un’abitudine consolidata a decifrare immagini; il risultato è un maggiore sviluppo dei lobi preposti al “cervello visivo”. Però, ci dice Iavarone, siccome il cervello è un sistema, a questa iperstimolazione visiva corrisponde una minor stimolazione della corteccia pre-frontale, “che è deputata alla formulazione dei giudizi, alla inibizione degli istinti, all’elaborazione delle scelte e all’autoregolazione e controllo della rabbia”. Una riduzione, dunque, di tempo/spazio dedicati all’autocontrollo, alla riflessione, al pensiero critico.

Il paradosso – secondo la docente – è che i ragazzi sono “iperconnessi-scollegati, hanno un’attività iperconnettiva ma in presenza hanno una modesta socialità. E’ come se l’attività, l’esposizione agli schermi li ipersaturasse, come se li soddisfacesse con un’attività sociale digitale che va a sostituire la socialità reale”. E, ci ricorda che “Il Global Risk Report (del World Economic Forum) descrive gli adolescenti come “sempre più soli, arrabbiati, dipendenti e anaffettivi”.
In questa puntata ci siamo occupati soprattutto dell’aspetto fisiologico, delle tecnologie; la seconda parte dell’intervista, nella prossima puntata, risponde soprattutto ad una domanda: ma la famiglia, che ruolo ha in tutto questo?

Immagine creative common

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