Jung, la riflessione richiede tempo
Seconda parte dell’intervista alla psicanalista junghiana Laura Maria Delfina Becatti
🔊 Puntata 753
La redazione si è trovata a riflettere a lungo su come i media hanno coperto la tragedia di Ardea, quella che ha visto un uomo armato uccidere a sangue freddo due bambini e una persona anziana, togliendosi poi la vita. Ancora molti dettagli sono da chiarire, quello che si sa per certo è che Andrea Pignani aveva fatto un accertamento sanitario, aveva incontrato uno psichiatra, eppure non era in cura. Informazioni sufficienti per titolare: “Psicopatico e violento, gli allarmi ignorati sul killer di Ardea”, “Allarme malati psichici, intervenire è difficile”, “Il killer era già stato da uno psichiatra”. E ci siamo chiesti: cosa c’è esattamente di sbagliato in questi titoli? Le risposte sono tante. C’è chi dice: “Si suggerisce che ci sia una categoria più pericolosa” ed effettivamente nel pensiero comune il paziente psichiatrico è già considerato una categoria pericolosa. Titoli simili, quindi, non fanno altro che rinforzare in quest’idea. C’è poi chi contesta le generalizzazioni, perché non tutte le persone che vanno da uno psichiatra sono uguali, e chi si chiede perché Andrea Pignani non sia stato intercettato prima. La risposta viene fornita in un altro articolo, dove si spiega che il numero dei professionisti in capo ai servizi non è sufficiente a coprire tutte le richieste.
Diceva bene Carl Gustav Jung quando scriveva: “Pensare è molto difficile, per questo la maggior parte della gente giudica. La riflessione richiede tempo, perciò chi riflette non ha modo di esprimere continuamente dei giudizi”. Questa frase introduce la seconda parte della puntata, dedicata proprio alla figura di Jung. Continuiamo a parlare con la psicologa Laura Maria Becatti di come si sviluppa una seduta di psicanalisi con approccio junghiano. “All’inizio raccolgo i dati”, spiega Becatti. “Non perchè penso siano determinanti, ma perchè è un inizio di conversazione più facile, più familiare. E mi interessa il modo in cui il paziente racconta la propria storia”. Si inizia a poi a parlare liberamente ed è in quel momento che, molto spesso, capita che sorgano temi più importanti e centrali rispetto a quelli che il paziente riteneva di dover risolvere inizialmente. Le sedute sono fatte anche di silenzi, che “possono essere molto impegnativi – continua Becatti – ma che tante volte sono pieni di presenza”.
L’intervista prosegue approfondendo i temi di estroversione ed introversione, che Jung introduce come tendenze delle persone. “L’introverso è colui che porta l’energia verso l’interno, mentre l’estroverso tende a portare l’energia fuori. Noi viviamo in una cultura tendenzialmente estrovertita, quindi gli introversi spesso si sentono un po’ a disagio”. Proprio durante il lockdown, quando tutti abbiamo vissuto un tempo di grande introversione, Becatti racconta di aver visto queste tendenze invertirsi: ci sono stati, ad esempio, estroversi che hanno scoperto il loro lato introverso e hanno potuto scoprire cose di se stessi; così come alcune persone introverse hanno potuto scoprire ritmi più adatti a sé e sono state più socievoli del solito. Ed ecco perché, in conclusione, il pensiero di Jung è così attuale. “La sua psicologia è chiamata anche ‘Psicologia Complessa’, perché considera la psiche come abitata da tanti elementi che devono trovare un dialogo. Pensiamo al discorso che fa sull’ombra: non possiamo essere noi se non incontriamo la nostra ombra, l’alterità”.