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MENO FARMACI E PIÙ EMPATIA

Cosa vorremmo (o non vorremmo) dai nostri psichaitri, psicologi ed educatori

🔊 Puntata 518


MENO FARMACI E PIÙ EMPATIA



 

 

In questa seconda puntata dell’inchiesta sul rapporto tra psichiatri e pazienti sentiamo le testimonianze di alcuni redattori di Psicoradio. Qualcuno denuncia un grande ricorso alla prescrizione di farmaci al posto di un rapporto di relazione empatico con il paziente. “Diverse volte mi sono capitate situazioni molto negative. Ad esempio anni fa, al primo appuntamento, una psichiatra che non conoscevo dopo neanche un quarto d’ora mi prescrisse subito tanti farmaci – racconta C. – Io avevo una certa avversione verso le medicine, e cercai di spiegarglielo. Ricordo che mi rispose “Allora lei non vuole guarire”.

V. ricorda “Ho avuto uno psicologo junghiano che aveva sempre un’espressione fredda e imperturbabile. Si infervorava solo quando sbagliavo i pagamenti; e allora mi diceva che avevo un’avversione verso la psicoanalisi o che volevo rendere lui il mio papà”.
“La pastiglia aiuta, ma aiuta molto di più un buon colloquio” sostiene B. Quello che è importante è sentirsi accolti da una persona; poi, attraverso questa accoglienza può passare anche l’uso degli psicofarmaci. Se invece si ha la sensazione che l’accoglienza cominci ad essere sostituita dall’uso degli psicofarmaci, allora non va bene.

 

 

Tutti matti tranne Trump?

 

Per finire: avete mai sentito la storia di quella persona che pensava di essere l’unico sano in un mondo di pazzi? Donald Trump più volte, e anche ultimamente commentando la sparatoria nella chiesa Texana, ha affermato che il problema delle sparatorie nel suo paese non ha a che fare con il facile accesso alle armi ma con i disturbi mentali di chi compie i delitti.  
Psicoradio si chiede: può darsi che chi ha compiuto quest’ultima strage non stia bene. Però, di chi è la responsabilità della facilità con cui ha potuto riempirsi di armi? Di chi sta male o di chi gli rende possibile armarsi?

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