Le voci di Amelie Nothomb
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“Sì, anch’io sento le voci. Le ho cominciate a sentire da adolescente, erano molto diverse una dall’altra, e non è stato facile mantenere una personalità unitaria con queste voci divergenti” A.N.
Questa puntata di Psicoradio presenta una protagonista eccezionale: la scrittrice belga Amelie Nothomb, intervistata sui temi della psiche, quelli che popolano i suoi libri. A Psicoradio Amelie ha fatto dichiarazioni belle e fuori dal comune: come la tranquilla ammissione di sentire le voci, e di credere molto nella possibilità di comunicare con gli spiriti dei morti. E ci ha regalato una splendida definizione di follia. “È come il vento: immateriale, eppure presente; può essere pericoloso, oppure amico”.
Amelie Nothomb è una scrittrice sia di nicchia che di grande successo. Ogni suo nuovo libro balza ai vertici delle classifiche, è tradotta in trenta paesi, eppure non è un nome noto al grande pubblico. Le sue opere parlano spesso di gorghi della psiche: dell’anoressia per esempio, in Biografia della fame, o della fatica di vivere, quando si precipita “dalle stelle alle stalle”, com’è successo a lei che, assunta come traduttrice in una enorme azienda giapponese, finisce a lavare le toilettes. Un’esperienza durissima, raccontata nel libro Stupore e tremori, che ha ricevuto il Grand Prix du Roman dell’Académie française. La sua scrittura non è però cupa: il suo registro è anzi spesso ironico, tagliente, leggero. Amelie è un’acuta osservatrice delle dinamiche interpersonali, e leggerla equivale spesso a riconoscere qualche moto della psiche.
CURIOSITÀ:
Amelie Nothomb è nata in Giappone (“A due anni e mezzo essere giapponese significava vivere nel cuore della bellezza e dell’adorazione”). Il lavoro del padre, diplomatico, la costringe sempre a essere “straniera in terra straniera”: Pechino, New York, il Bangladesh, la Birmania, il Laos.
In quegli anni, però, Amelie esplora ben altri paesi: la grafomania, l’alcolismo, l’anoressia: “Tra i 15 e i 17 anni smisi di mangiare. Il corpo sparisce poco a poco, assieme all’anima. Nell’anoressia scivoli senza accorgertene. Poi, quando finalmente acquisti coscienza, credi che sarà un’esperienza. Ma non è così. Perché la sensazione che segue è che non ne uscirai mai. È una prigione in cui si muore. Cerchi i mezzi intellettuali per liberartene, ma non vedi alcuna via d’uscita. È spaventoso. Io mi sono salvata per miracolo, grazie alla scrittura. Sono una prova vivente, per le anoressiche, che in qualche modo se ne può uscire”.
Né di Adamo né di Eva, il suo ultimo libro, racconta la storia del ritorno in Giappone della scrittrice belga all’età di vent’anni (dopo un’assenza che durava da quando, a 5 anni, si era trasferita a Pechino con la famiglia) e della successiva fuga dal Paese e da un amore perfetto. Una scelta per cui la Nothomb assicura di non avere “nessun rimpianto, né per l’uomo perfetto, né per il Giappone, che è un amore impossibile”.