Skip to main content

Gender Bender: la libertà di essere sé stessi

Attraverso cinema, danza, teatro, il Festival celebra le diversità e la felicità di potersi rappresentare per ciò che si è

🔊 Puntata 877


Gender Bender: la libertà di essere sé stessi

877
Gender Bender: la libertà di essere sé stessi

Fino all’ 11 novembre a Bologna la XXI edizione del festival Gender Bender. Con Daniele Del Pozzo, co-direttore creativo del Festival, parliamo di un evento che da più di 20 anni a Bologna “intercetta gli immaginari culturali e artistici legati al corpo e al genere. (…) Ha un respiro internazionale e una vocazione interdisciplinare, e ogni anno ospita artiste e artisti da tutto il mondo”, come scrive orgogliosamente il sito.
Non è affatto facile tradurre lo storico titolo “Gender Bender”, rivoluzionario 20 anni fa; ci proviamo con l’aiuto di Del Pozzo. Il termine (inglese) Gender indica l’identità di genere (uomo o donna); un concetto che non fa riferimento al dato fisiologico, sessuale, quanto alla complessa costruzione culturale, continuamente mutevole, che in ogni società, epoca e cultura decide cosa significhi e comporti essere donna o uomo. E già questa prima definizione è stata messa in discussione da chi critica una concezione dualista, binaria (maschile/femminile) del genere.
Bender si traduce letteralmente come “piegatore”o “curvatura” e le due parole insieme vogliono indicare quelle persone che “piegano” i generi per renderli più personali e vicini alla propria definizione di sé.

Il Festival Gender Bender si caratterizza per il clima di festa e libertà che lo connota. I media infatti parlano di persone LGBT+ soprattutto in quanto vittime: di fatti di cronaca violenti, di contesti repressivi, di episodi tragici. Gender Bender invece vuole celebrare anche i traguardi raggiunti. Daniele Del Pozzo ci fa un esempio: “Gaya de Medeiros, insieme al danzatore Ary Zara, porta in scena Atlas da Boca, rappresentazione della loro esperienza di performer transgender. E’ una storia di grande felicità e di grande difficoltà, è chiaro che passi attraverso la sofferenza e il dolore, ma la felicità di potersi rappresentare per quello che sei è maggiore. Altrimenti non lo faresti”.
Gender Bender si rivolge a tutti, perché la questione di genere tocca tutti. “Spesso si parla di corpo “normale” – continua Del Pozzo – e per la società normale significa ancora eterosessuale. In un mondo LGBT+ parlare di normalità non ha senso, dato che si viene esclusi dalla “normalità” in quanto “diversi”. Un corpo è un corpo che ha bisogni fisiologici, fame, e sete di ricerca, di piacere. Nel momento in cui dichiaro che ho diritto al piacere, dichiaro di essere una persona”.

Il Festival offre molto spazio alla danza: “Se un uomo fa danza, viene subito etichettato: uno degli scopi dei nostri spettacoli è invece quello di rompere gli stereotipi più diffusi. La danza è “roba da femmine o da gay”, noi invece portiamo sulla scena persone che sulla scena di solito non vedresti, vorremmo che lo spettatore entrasse con i suoi stereotipi e uscisse avendoli incrinati”.
Psicoradio ha chiuso l’intervista con Del Pozzo chiedendo se nelle prossime edizioni. ci sarà spazio per il tema della la salute mentale. Ci ha risposto di sì, “perché la salute mentale fa parte di quel benessere con se stessi di cui il festival si occupa; e oggi ancora manca rendere visibile l’invisibilità delle sofferenze mentali.”

 

 

|