
Prosegue la nostra intervista a Daniele Mencarelli sulla serie Netflix Tutto chiede salvezza, basata sul suo omonimo romanzo autobiografico e per la quale ha collaborato in fase di sceneggiatura. In questa seconda parte ci racconta il suo impegno affinché alcuni nuclei fondamentali del libro non venissero semplificati eccessivamente all’interno della sceneggiatura fino a diventare degli stereotipi: “Siamo riusciti a non banalizzare proprio perché siamo rimasti sui dati umani che portano al disturbo.”, racconta ai nostri microfoni.
La serie viene confrontata anche con il vissuto personale dei redattori di Psicoradio, le cui voci si aggiungono a quella di Mencarelli nel riportare considerazioni e impressioni. La storia dell’autore però non è solo quella raccontata nel suo libro: nel corso dell’intervista lo scrittore spiega infatti come la letteratura lo abbia aiutato nella ricerca di una “linea di galleggiamento” cioè nel raggiungimento di una situazione di equilibrio e convivenza con il proprio disagio psichico. A questa ricerca di un equilibrio si somma poi la necessità di non lasciare a una sola lingua la descrizione della fragilità mentale, che sia quella della scienza, della religione o del farmaco. “E’bello quando l’uomo galleggia e sopravvive unendo le lingue e unendo le forze, perché sennò è molto difficile.”
Daniele Mencarelli riflette sulla predominanza del farmaco nel percorso di salute mentale, sui rischi e le semplificazioni che ciò porta con sé: “Ma lo sapete quanti psichiatri mi hanno preso da parte sotto braccio e mi hanno detto: ‘Io mi ritrovo a fare niente di più e niente di meno di quello che farebbe un farmacista. Proviamo questa molecola e se non è questa tra un paio di settimane ne proviamo un’altra’?”