
“C’era una volta un paese con centomila persone dentro gli ospedali psichiatrici. Si chiamava Italia. E io quel paese lì l’ho visto. Oggi quel paese non c’è più” (Franco Rotelli)
Ancora una volta, cerchiamo di riflettere su dove stia andando la psichiatria oggi, perché le conquiste raggiunte non possono mai essere date per scontate. Un esempio recente è ciò che sta avvenendo a Trieste, dove il centrodestra governa dallo scorso autunno con il sindaco Roberto Dipiazza. Alla fine del 2021 l’Ausgi – l’Azienda Sanitaria Giuliano Isontina – ha presentato un piano di riforma della sanità locale che rischiava di smantellare un modello di cura d’esempio a tutto il mondo. La bozza prevedeva infatti la riduzione dei centri di salute mentale, un taglio alle risorse stanziate per farli funzionare e una riduzione dell’orario di apertura, che era di 24 ore su 24. Migliaia di cittadini, utenti, familiari e associazioni sono scesi in piazza per denunciare questo grave “attentato” ad una tradizione di cura tra le più innovative del mondo. Di fronte alle proteste, fortunatamente la Regione ha deciso di fare un passo indietro. Ma questo ci dimostra, appunto, che non tutti i passi avanti sono definitivi.
Se ne è parlato qualche tempo fa in un dibattito sullo stato della psichiatria, durante i giorni del festival Non Sola Mente, su “follia, teatro ed emancipazione” organizzato dal centro sociale Labàs di Bologna. In quell’occasione abbiamo incontrato lo psichiatra Franco Rotelli, uno dei protagonisti della riforma che ha portato alla legge 180, e direttore del Dipartimento di salute mentale di Trieste dopo la morte di Basaglia. Rotelli ha criticato duramente la proposta di riforma sanitaria tentata a Trieste, riflettendo su quale debba essere il compito delle istituzioni nei percorsi di cura.
Un esempio felice di collaborazione tra attività che partono dal basso e percorsi istituzionali è L’Accademia della Follia, compagnia teatrale composta da attori in cura presso i servizi di psichiatria e anche associazione di promozione sociale. Nella storia dell’Accademia – ricorda Cinzia Quintiliani, vicepresidente e direttrice organizzativa – ha ricoperto un ruolo chiave uno straordinario attore e regista scomparso nel 2019, Claudio Misculin. Fu Basaglia a intuire il talento di Misculin, e ad avviarlo al lavoro teatrale, come l’attore ha raccontato tempo fa a Psicoradio: “La mia fortuna è stata quella di diventare matto a Trieste, quando c’era Basaglia, che invece di chiudermi da qualche parte, mi ha messo su un palco.”